22/11/'63 un capolavoro di Stephen King
Non sono mai stato un uomo facile alle lacrime, ma in questo caso ho ceduto, perché 22/11/63 è una splendida storia.
Perché avvince, risucchia nella vicenda senza avere la pretesa di passare per qualcosa che non è, un romanzo storico.
Perché profuma di It, Torre Nera e ferrerie.
Stephen King riesce a tratteggiare alla perfezione l'America degli anni sessanta, con la sua miseria, il razzismo, le contraddizioni, la musica e l'amore, amore che travalica il tempo, lo spazio, le stringhe.
22/11/63 è Dallas che puzza come una latrina, è la tana del Bianconiglio in un seminterrato, è una tessera che cambia colore da cui dipende ogni cosa, è Bevy Bevy è meglio che ti levi.
22/11/63 è la root beer e un cappello di paglia, Sadie che non deve fare domande, è un viso deturpato eppure bellissimo nonostante tutto, è magia da condividere con la persona giusta in una notte di un tempo che non esiste più, perché il passato non vuole essere cambiato, la vita è un lancio di monetine, e George Amberson ne sa qualcosa.
E alla fine conta poco che ci sia qualche lungaggine di troppo, che il personaggio di Lee Harvey Oswald sia appena abbozzato, che il presidente Kennedy viva o meno.
Le pagine volano una dopo l'altra e Stephen King si spinge oltre senza paure, confermandosi per quello che è: uno dei più grandi narratori popolari in assoluto.
Adesso anche in edizione Pickwick e molto presto una serie tv scritta da Bridget Carpenter e J. J. Abrams, 22/11/63 è un romanzo che non potete lasciarvi sfuggire.
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